A seguito di alcune osservazioni e richieste di approfondimento che ci sono pervenute in questi giorni abbiamo ritenuto opportuno intervistare il Dott. Fernando Lunedi per consentirgli, con il dovuto spazio di argomentazione, un utile chiarimento in merito alle sue posizioni sul Long Covid.
Dottor Lunedi, Come e quando nasce l’attività del Cento Long Covid di Città Bianca?
L’esperienza del centro per la cura long covid nasce a febbraio 2021, inizialmente come appendice del reparto di Medicina Covid per acuti per la gestione delle sequele soprattutto respiratorie e neurologiche dei pazienti ricoverati: un ambulatorio integrato post covid (AIPC) dedicato alla cura dei pazienti recentemente ricoverati e poi dimessi.
Una mole di pazienti significativa da cui è iniziata un’attività di analisi
Certamente. Nel tempo l’ambulatorio si è trasformato per impatto e per necessità da ambulatorio post covid ad ambulatorio per la cura del Long Covid dove la percentuale dei dimessi da reparto diminuivano per via della diminuzione dei ricoveri e a fare richiesta di visite erano pazienti mai fino a quel momento visti in ospedale nè a reparto, ma che sviluppavano sintomi duraturi nonostante l’infezione fosse decorsa in modo paucisintomatica o addirittura senza sintomi presso il loro domicilio, e non trovavano apparente soluzione al problema.
Può spiegarci meglio il percorso clinico che ogni paziente ha effettuato all’ambulatorio long covid?
Ogni paziente è sottoposto a triage previsita e viene sottoposto ad attenta anamnesi clinica farmacologica e vaccinale con particolare attenzione al periodo in cui si è risultati positivi al virus covid19 e quante volte si è contratta l’infezione. Si somministra un questionario anamnestico e sintomatologico. Per ciascuno poi si richiedono specifici esami e se confermata la diagnosi per ciascuno si progetta un piano di cure cucito sulla propria malattia. Ormai infatti, come da recenti articoli su JAMA, si è soliti parlare di long covid come sindrome di sindromi e spesso mi è capitato di sintetizzare che, per la nostra esperienza, esistono tanti long covid quanti sono i pazienti.
Come sono stati raccolti i dati e su che parametri sono stati aggregate le informazioni raccolte?
I parametri dei triage, i questionari somministrati ad ogni prima visita e i punteggi di gravità assegnati in sede dell’esame clinico sulla base dei parametri di percezione di malattia e di invalidità misurati con le più comuni scale internazionali sono stati raccolti con uno spirito di studio e di aiuto a comprendere un’entità nosologica che all’inizio sembrava poco accettata ma che a mano a mano è divenuta un’emergenza di cui prendersi cura e sono stati inseriti in un database statistico che ha contato circa 3000 pazienti in quasi 30 mesi di lavoro.
Cosa ne ha tratto da questa analisi? Cosa può dire sul Long Covid, dalla sua esperienza?
La nostra esperienza appunto è quella del nostro campione e si basa sui dati raccolti dai pazienti. Intanto dobbiamo affermare che il nostro studio è stato ed è tuttora uno studio in fieri che ha la caratteristica di un report osservazionale, un’analisi su dati e statistiche che ci aiutano quotidianamente ad inquadrare al meglio il paziente nell’idea di prenderlo in carico al meglio e di poterlo rassicurare circa il proprio percorso in ambulatorio. In merito alla nostra esperienza posso dire che il Long Covid non è un mero corredo di sintomi non altrimenti spiegabili, come spesso si sente dire sottovalutando il problema, nè tantomeno un contenitore dove riunire ciò che si finisce per rinunciare a capire della spiegazione di disagio di un paziente previamente affetto da covid 19: il long covid è una vera sindrome di sindromi che insiste sulla variabilità dell’individuo e ne caratterizza malattia con segni e sintomi internistici di entità variabile e ma altamente specifici.
Spesso si confonde Covid e Long Covid. Vuole precisare la differenza?
Il covid è l’infezione acuta del coronavirus 19 ( covid 19) che può decorrere in fase paucisintomatica o conclamata fino alla manifestazione più drammatica della SARScov2. Il Long covid come sopra menzionato rappresenta una sindrome sub-acuta ad andamento variabile correlata all’infezione da covid che si manifesta con un insieme di segni e sintomi non presenti prima dell’infezione e comunque tempo correlata all’infezione stessa.
Quasi 26 milioni sono i casi accertati di infezione da Covid 19. Il long covid si stima aver insistito su una popolazione di 1 milione di persone ma purtroppo si tratta solo di una stima.
Quello che possiamo ribadire è che prima si accede alle cure e prima si avrà una diagnosi che nel centro più idoneo di ricerca riceverà senza dubbio il suo inquadramento multidisciplinare e integrato volto a ristabilire il benessere della persona.
Il vaccino è stato determinante nel contrasto al Covid
Assolutamente. Da urgentista posso dire che la pandemia pre e post vaccino ha cambiato la sua faccia. Nella trincea vissuta dalla nostra struttura in prima linea il paziente (e anche noi sanitari) ha trovato nell’utilizzo dei dispositivi di protezione la nostra prima barriera al virus e soprattutto nel vaccino la nostra vera e migliore difesa dall’espressione più acuta della malattia. Città Bianca ed il gruppo INI sono stati inseriti inoltre nei centri vaccinali che hanno vaccinato decine di migliaia di persone portando il servizio dell’erogazione del vaccino in un vasto territorio ed in un grande campione della popolazione. Il vaccino ha aiutato anche i miei pazienti in ambulatorio a mitigare i sintomi da long covid mostrando un’azione curativa. È intorno al 19%, nel campione che ho avuto modo di curare in ambulatorio, la percentuale di casi in cui la seconda dose o il booster di vaccino ha aiutato il paziente nel suo percorso ambulatoriale. Per questo ho sempre consigliato ai miei pazienti di farlo.
Lei è vaccinato?
Sì, certamente. Convintamente vaccinato, aggiungerei
In una sua recente intervista ha parlato di una possibile correlazione tra i pazienti trattati nel suo Centro per il Long Covid in relazione alla vaccinazione. Vuole spiegarcelo meglio?
Si tratta di un tema vasto su cui la letteratura internazionale sta studiando e che ci accomuna a tutti i maggiori centri italiani nel dire che ancora molto c’è da comprendere e studiare sull’ argomento. Ad oggi non c’è uno studio che dimostri correlazione tra vaccini e long covid.
Nel nostro campione e nella nostra ricerca la cui base è clinico-osservazionale precisiamo ancora una volta che non è certamente il vaccino a generare nè a complicare il long covid. Così come il vaccino non sembra avere una funzione totalmente preventiva sul long covid stesso, cioè ci sono pazienti vaccinati con long covid. Bisogna evitare ogni strumentalizzazione e rimanere clinicamente solo sui dati a nostra disposizione.
In relazione all’intervista succitata possiamo precisare alcuni dati: statisticamente parlando, il campione dei miei pazienti è prettamente un campione “vaccinato”, rispondente alla stratificazione della popolazione generale. Ricordiamo che la campagna vaccinale ha coperto oltre il 90% della popolazione (https://www.governo.it/it/cscovid19/report-vaccini/) . Va da sé che i pazienti afferiti al centro Long Covid fossero in larghissima parte vaccinati. E’ opportuno quindi ribadire che l’analisi clinico-osservazionale condotta è basata su dati raccolti su un campione numericamente importante ma casuale (cioè formato da pazienti che si sono rivolti al nostro centro per necessità), non strutturato ad hoc per una valutazione specifica sulla correlazione long covid-vaccini.
Come anticipato, la letteratura sta iniziando a documentare studi mettendo in relazione la sindrome da Long Covid con il vaccino usato. Ci riferiamo nella maggior parte dei casi ad una relazione positiva e migliorativa, dove in accordo con la letteratura internazionale, abbiamo visto il vaccino migliorare i sintomi di long covid nel paziente.
Abbiamo seguito, e stiamo ancora seguendo, cinque pazienti in cui l’infezione da covid misconosciuta e asintomatica, associata all’inoculazione ravvicinata di vaccino solitamente nelle 48 h precedenti o successive all’inoculazione (in tre casi su cinque come esemplificato nell’intervista in etero-somministrazione) ha determinato un andamento più subdolo e cronicizzante della sindrome.
Sono casi largamente minoritari da un punto di vista puramente statistico nel campione da me curato, ma stiamo parliamo di persone, non di numeri, e pertanto l’aspetto che mi preme sottolineare è che c’è ancora molto da studiare e approfondire. Si tratta di casi che sarà interessante continuare a monitorare in ottica di raggiungere risultati di coerenza interna allo studio e che possano avere risvolti utili per la medicina soprattutto in ottica di prevenzione per il presente e per il futuro. Per ritornare a un concetto che ho espresso più volte, esistono tanti long covid quanti sono i pazienti: ognuno di loro ha pari dignità e ogni caso meriterebbe studi e approfondimenti.
Per sintetizzare il mio pensiero, sposo a pieno le parole pronunciate recentemente da Hans Kluge, direttore di Oms Europa, parlando dal 72esimo Comitato regionale dell’agenzia riunito a Tel Aviv, in Israele:
“Anche se c’è ancora molto da imparare sul Long Covid, in particolare su come si presenta nelle popolazioni vaccinate rispetto alle non vaccinate e su come influisce sulle reinfezioni questi dati evidenziano l’urgente necessità di ulteriori analisi, di più investimenti e di un maggiore sostegno ai pazienti.”
Quindi se abbiamo capito bene dottore, il vaccino non peggiorerebbe in alcun modo il long covid
Esatto. Quello che abbiamo visto, lo ripeto ancora, è che il long Covid, nella nostra esperienza, è stato studiato e trattato su una popolazione vaccinata nella quasi totalità, in linea comunque con la stratificazione statistica dei vaccinati in Italia, ed è naturale quindi avere un impatto in numeri assoluti su questa popolazione. Tranne in alcuni casi particolari tra i miei pazienti dove a tutt’oggi è difficile distinguere il long covid da una sequela collaterale al vaccino, l’inoculazione di vaccino come riportato dalla letteratura ha anzi avuto un ruolo protettivo su un importante campione da noi visitato in ambulatorio.
L’esperienza dell’ambulatorio integrato post covid è stata presentata in occasione degli European Private Hospital Awards, un evento internazionale che ospita le eccellenze e i casi più meritevoli a livello internazionale della sanità privata.
Il nostro ambulatorio lo scorso anno ha partecipato con riscontro di interesse all’edizione degli Oscar europei di sanità privata proprio con il progetto ambulatorio integrato post covid e tailored treatment: la gestione e la presa in carico di una nuova entità nosologica il long Covid. Quest’anno ancora una volta siamo stati invitati ed è stata occasione di fervente e fruttuoso scambio sulle esperienze internazionali di gestione della post pandemia in particolare in relazione al Long Covid dove ho intercettato il pensiero di molti colleghi sulla necessità di proseguire studio e cure di una sindrome di sindromi che ci porteremo ancora avanti ancora per lungo tempo.
Ogni confronto o condivisione costruttiva di esperienze con colleghi della comunità scientifica è utile a relazionarsi su un tema, quello del Long Covid, su cui c’è ancora molto da approfondire.