INI Città Bianca offre un servizio di ricovero privato con piani individuali di riabilitazione.
La Clinica di Veroli del Gruppo INI è specializzata in riabilitazione motoria, neuromotoria e cardiorespiratoria. Le attività vengono studiate in base alle esigenze individuali del paziente, che può contare su elevati standard assistenziali e su una equipe di eccellenza, che lo segue in tutto il percorso. Ce ne parla il Dott. Carlo Napolitano, che coordina la sezione del reparto di riabilitazione neuromotoria, che comprende la riabilitazione di pazienti post acuti affetti da patologie neurologiche, respiratorie e cardiologiche.
Quali prestazioni si eseguono durante i ricoveri riabilitativi privati?
«Accettazione, visita all’ingresso, richiesta di esami di laboratorio ematici, esecuzione di elettrocardiogramma e tutta la parte di riabilitazione motoria, sono compresi nella retta del ricovero privato.
Il paziente viene, inoltre, sottoposto a visita medica generale giornaliera. Sono esclusi eventuali esami ulteriori, come tac, risonanza magnetica, ecografia, ma per questo tipo di prestazioni è previsto, per i pazienti ricoverati, un importante sconto. I pazienti hanno a disposizione tutta una serie di figure professionali che possono essere coinvolte in un percorso riabilitativo, come ortopedico, neurologo, cardiologo, fisiatra, logopedista, psicologo».
Come si individua percorso riabilitativo?
«Il paziente che arriva in struttura ha un primo incontro con me. Si valuta dapprima complessivamente la situazione del paziente e poi si va nello specifico. Ad esempio, se il paziente ha avuto di recente in ictus cerebrale ed ha una plegia allora propongo una riabilitazione neuromotoria, quindi intervengono il fisiatra e il fisioterapista che impostano un programma di riabilitazione. Nel caso in cui, invece, il paziente sia cardiologico verrà fatto subito l’elettrocardiogramma e interverrà il cardiologo, che deciderà se effettuare un ecocardiogramma e, se riterrà opportuno, altri tipi di esame. Quindi, di volta in volta, se durante il ricovero si manifestano esigenze nuove relative alle dinamiche cliniche del paziente si richiedono le consulenze e gli accertamenti necessari».
Perché preferire il regime di ricoveri privato? E quali sono i pazienti che lo scelgono?
«Effettuare un percorso di riabilitazione in una struttura pubblica implica un percorso più lungo. Abbiamo avuto anche pazienti che hanno già fatto riabilitazione e intendono proseguirla, e, non potendo più utilizzare il regime convenzionato, rimangono in regime di ricovero privato. In quest’ottica, infatti, offriamo un servizio che non è alterativo a quello pubblico, ma è complementare. Un paziente che ha già fatto in passato periodi di riabilitazione, che può essere cardiologica, respiratoria, cardiorespiratoria, motoria, neuromotoria, e ciclicamente ha bisogno di ripetere un percorso riabilitativo, lo fa anche in un periodo lontano dall’evento acuto. Oppure ci sono pazienti con patologie croniche, che necessitano di attenzionamento clinico e riabilitativo maggiore. Poi c’è chi preferisce usufruire di comfort maggiori, come la scelta della stanza singola, che sicuramente garantisce maggiore privacy. Sicuramente, come accennato, uno dei grandi vantaggi è la rapidità di accesso all’assistenza, che sia, come è nel nostro intento, la più qualificata possibile».
C’è una fascia d’età prevalente tra i pazienti?
«La fascia di età dipende molto dal tipo di patologie. Ad esempio, se consideriamo pazienti che hanno avuto eventi cerebrovascolari acuti, come gli ictus, tendenzialmente sono più anziani. Ci saranno più facilmente pazienti di età avanzata con esiti di ictus cerebrale. Ma può capitare, ad esempio, che un paziente giovane colpito da infarto, che ha fatto riabilitazione cardiologica ogni tanto si sottoponga a nuovi controlli. Il bacino d’utenza è variegato. Anche perché oggi, purtroppo, si può fare sempre meno una distinzione di età. Fino a qualche anno fa si poteva in misura più ampia considerare l’età come un limite di patologia. Riprendendo l’esempio dell’ictus cerebrale, qualche tempo fa era molto più raro che si presentasse a cinquant’anni. Oggi vediamo ictus o infarto del miocardio diagnosticati in pazienti sempre più giovani, per cui è sempre più difficile fare una distinzione solo sulla base dell’età. I fattori coincidenti sono tanti, lo stile di vita, l’attività lavorativa, il fumo, l’assunzione di alcolici, la familiarità possono incidere sull’insorgenza di patologie. Abbiamo pazienti giovani con malattie che fino a qualche anno fa, anche se non erano esclusività di persone della cosiddetta terza età, colpivano molto più difficilmente i giovani. Quindi l’età è un discorso molto relativo».