Soluzione innovativa nell’approccio con i pazienti oncologici, ossia una integrazione tra terapie e cure palliative che deve avvenire precocemente nel percorso di cura in ogni fase di malattia. La struttura è inserita tra le 40 migliori d’Italia nel settore
L’oncologia e l’hospice interagiscono secondo un modello “completamente integrato” condividendo metodi di valutazione e percorsi clinici, al fine di fornire al paziente un accurato supporto professionale, ovvero il modello “simuntaneous care”.
Con il Responsabile, il dr. Gaetano Lanzetta abbiamo parlato delle cure palliative e di come l’oncologia stia cambiando.
Dr. Lanzetta, come ha inciso l’emergenza COVID 19 sull’assistenza al paziente oncologico in trattamento attivo e in fase terminale?
I pazienti oncologici sono particolarmente esposti al rischio di infezione e di eventuali complicanze. Durante la fase acuta della pandemia ci siamo trovati di fronte al dilemma di fare la scelta di posticipare o modificare i piani di trattamento. Era complicato capire se fosse più grave l’eventuale evoluzione della malattia, oppure il contagio da Sars-Cov-2 e purtroppo ancora oggi non sappiamo quale potrà essere l’impatto di questi cambiamenti e di questi ritardi. Inoltre, si stima che il circa 20% dei pazienti oncologici in trattamento attivo, ha volutamente evitato di recarsi in ospedale per le terapie. Di certo l’emergenza Covid- 19 ha inciso sull’assistenza al paziente oncologico, ma ad oggi non conosciamo le conseguenze.
Dall’altra parte, per salvaguardare la salute dei pazienti è stato necessario re-inventare un nuovo modo di lavorare e creare un complesso sistema per visitare i pazienti in sicurezza, sia in presenza che in remoto.
Come è cambiato invece il trattamento del paziente in hospice?
Sono state drasticamente limitate e per un periodo anche interrotte le visite ai pazienti in hospice. Ciò ha innescato un sentimento di “abbandono” nei pazienti, e di preoccupazione ed ansia nei familiari, che potevano vedere i propri cari solo tramite videochiamata.
Vorrei spendere qualche parola sul “fine vita”. I famigliari non potevano essere presenti e solo in pochi casi siamo riusciti a fare quale eccezione. L’hospice non poteva essere raggiunto nemmeno dall’assistente spirituale e per questo la coordinatrice infermieristica ha “imparato” a benedire con una preghiera o con un gesto rituale il morente, a volte in contatto telefonico con i suoi familiari.
Dr Lanzetta, in questo contesto si parla di cure palliative. Che cosa sono?
Si intende l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare. Questi sono finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici.
Che cosa sono invece le cure simultanee?
Le cure simultanee o cure palliative precoci mirano a garantire la presa in carico globale del malato oncologico attraverso un’assistenza continua, integrata e progressiva. Si tratta di un trattamento il cui scopo principale non è quello della sopravvivenza del malato, bensì la sua qualità di vita e la continuità terapeutico-assistenziale.
Oltre alla terapia anti tumorale, diventa dunque fondamentale riconoscere tutti i bisogni fisici, funzionali, psicologici, sociali e spirituali che si possono manifestare nel corso della sua malattia. La continuità terapeutico-assistenziale della cura invece, coinvolge diversi professionisti socio-sanitari che forniscono assistenza in modo organico e coerente allo sviluppo del percorso di trattamento.
Che sviluppo e innovazione ha avuto l’oncologia negli ultimo decennio?
La medicina di precisione sta profondamente trasformando la cura del cancro e grazie alle nuove tecniche di indagine, come il sequenziamento di seconda generazione (NGS), le conoscenze delle alterazioni genetiche e molecolari dei tumori sono notevolmente aumentate. In alcuni tumori è stato possibile individuare peculiari alterazioni genetico-molecolari che rappresentano non solo la causa di alcune neoplasie, ma anche i punti deboli. Pur riconoscendo il valore del dato morfologico e istologico, il nuovo paradigma dell’oncologia mutazionale ha avviato l’era dei test di profilazione genomica.
Quest’ultima presuppone la scelta del farmaco anti tumorale sulla base della mutazione “driver” e dell’approvazione agnostica, ovvero l’indicazione terapeutica indipendentemente dalla sede del tumore. Inoltre, presuppone una “governance” capace di garantire che nell’approccio quotidiano venga sempre mantenuta l’appropriatezza, l’omogeneità e la sostenibilità economica dei test genomici richiesti. Come raccomandato dal documento del gruppo di lavoro AIOM – SIAPEC-IAP – SIBIOC – SIF, queste competenze sono assicurate dalla formazione di figure professionali coinvolte nel processo decisionale e con l’implementazione di Molecular Tumor Board (MTB), ovvero gruppi multidisciplinari impegnati nella comprensione dei test genomici e nella scelta dei farmaci tra le opzioni terapeutiche.